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X-Mas Time (raccontino natalizio un po' folle) UNO


Nella Centrale Operativa del Palazzo Maggiore di Tallocris, Zielha teneva, come al solito d’occhio i monitor della Stanza Alfa. Erano circa un centinaio e non era affatto un lavoro semplice. Bisognava tener conto di un migliaio di pulsanti di vari colori, oltre a saper distinguere la diversa intensità degli eventuali ultrasuoni che segnalavano un qualche tipo di problema. Dalla Stanza Alfa alla Stanza Omega il lavoro era lo stesso. Vi si alternavano i Volontari Prescelti poiché era un compito molto delicato e andava svolto con la massima attenzione. La sorveglianza riguardava l’andamento generale dei vari pianeti delle numerose galassie. Il Principio che doveva essere rispettato era il Numero Uno, omnicomprensivo che andava sotto il nome di A-erre-mon. L’aveva stabilito dalla notte dei tempi il grande Iod: senza di quello l’Universo non sarebbe potuto andare avanti per molto. Era quindi di fondamentale importanza che venisse rispettato. Il Pianeta che dava segni di scompenso, veniva attentamente monitorato, e poteva scapparci anche la distruzione dello stesso, ovviamente dopo vari tentativi di recupero e varie discussioni animate del Consiglio Supremo.


Tallocris era la capitale del Pianeta Parallelo.


Poche abitazioni, molta vegetazione di colore sgargiante e variegato. Gli Abitanti confluivano là da vari luoghi e ognuno aveva un compito ben preciso da svolgere.


Poiché molti di essi arrivavano da altre Realtà, si era stabilito che l’Invisibile fosse Visibile a tutti per non creare disorientamento o dover dare continue spiegazioni ai nuovi arrivati che continuamente vi defluivano.


Fu in quel giorno che risuonò l’allarme. Un ultrasuono lacerante, accompagnato dall’accendersi del pulsante rosso: segno di massima allerta. I Paralleliani se l’aspettavano già da un po’, le voci correvano pure lì e, se fosse stato possibile, ci avrebbero speculato anche in Borsa.


L’allarme riguardava il Pianeta Terra.


Dopo pochi nanosecondi il Consiglio Supremo era già riunito nella Sala Infinita chiamata così perché, appunto, nessuno sapeva quanti Esseri potesse contenere e anche perché nessuno si era preso la briga di misurarla. Non ce n’era bisogno visto che la stessa si adattava per conto suo al numero dei presenti, si rimpiccioliva e s’ingrandiva con la massima precisione (ogni tanto però le sfuggiva qualche “uff”).


Aveva poi la particolarità che, per quante fossero le unità presenti, ognuna aveva un posto in prima fila, e senza pagare nessun canone. Gli architetti dei Mondi Abitati si sarebbero sbranati per carpirne il brevetto. Sta di fatto che però, quando e se arrivavano lì, quello era il loro ultimo pensiero.


«Avete già sentito, immagino, le gravi notizie che giungono dal Pianeta Terra», esordì il Grande Iod, senza por tempo in mezzo, « ad ogni modo ho provveduto che tutti voi abbiate in mano la sintesi scritta della relazione e i vari punti critici.»


Un certo personaggio, ex-capetto, anzi capettino, o meglio ancora tappetino (nota 2), di un certo Mondo Abitato sarebbe rimasto a bocca aperta per tale efficienza della burocrazia in Tallocris. Avrebbe fatto (fare) ricerche su ricerche per capire come funzionasse per poi scoprire che il grande Iod nutriva un profondo rispetto per chi vi lavorava e i suoi lo ricambiavano perché lo ritenevano un capo giusto e umile, che non stava lì a contare i minuti della pausa-relax. Anzi ogni tanto li chiamava affettuosamente "fa-tuttoni" e per loro era motivo di vanto. Ma, naturalmente, quel terrestre aveva poche probabilità di arrivare fin lì: troppe volte, con la sua nota band chiamata “Citorius”, aveva infranto il Principio.


«Ehm… ehm. Siete pronti? Siete caldi?», vedendo che gli astanti si accingevano ad alzarsi per fare la ola (cosa per cui impazzivano), Iod li frenò con un semplice gesto della mano.


«Converrete con me che abbiamo aspettato e pazientato fin troppo: la Terra è l’unico dei Mondi Abitati che ci dà da circa 2000 anni, secondo il loro calendario, grossi problemi di preoccupazione. Il Principio A-Erre-Mon è stato più volte infranto e continua ad esserlo. Indìco dunque una votazione per alzata di mano al fine di predisporre un Intervento Urgente», concluse brevemente, ma in modo incisivo. «Also spracht Zarathustra» (nota1), commentò un ex-terrestre che, finito in quel Luogo, si era inutilmente speso e aveva fatto il diavolo a quattro per tornare indietro e annientare il nichilismo.


Bah, un filosofo, forse.


Nel grande silenzio tutte le mani si alzarono, fuorché quella di Yaram che, invece, chiese la parola.


Dopo essersi schiarita la voce protestò timidamente: «Faccio presente al Consiglio Supremo e a te, grande Iod, che la sottoscritta si reca minimo una volta al mese sul Pianeta Terra. Faccio un piccolo comizio ai miei portavoce, ricordo le cose fondamentali e ho un gran seguito di fan.»
    Il bellissimo giovane uomo che le era accanto seduto, ribatté. «Questo è vero, Madre. Bisogna darti atto di gran buona volontà e costanza. Però sono trent’anni terrestri che vai laggiù, ma non è che hai ottenuto grossi risultati… Che sia l’abito un po’ demodé?»

«Non fare lo spiritoso Shojo, sai benissimo che non è la veste che fa l’Apparizione e poi tua madre non si è mai fidata degli stilisti, preferisce cucirsi gli abiti da sola» si sentì in diritto di difenderla Sephjo, che un pochino la conosceva, anche se non in senso biblico.


«Forse dovresti aprire un acconto, si dice così vero?, su quei dannati ritrovi, come il libro delle facce, Yaram. Scommetto che avresti un bilione di fans». Suggerì Tecnahel, inascoltato.


Nel frattempo il Grande Iod passeggiava su e giù nervosamente, accarezzandosi un’inesistente lunga barba, retaggio inconscio delle numerose rappresentazioni artistiche terrestri. Non era affatto vecchio, né canuto, anzi, pareva una copia un pochino più matura di Shojo: i due si somigliavano tantissimo. Non per nulla erano padre e figlio.


In un angolo Ielgabr stava aspettando di scrivere qualcosa sul verbale della riunione e intanto riempiva il foglio di cuoricini, per non annoiarsi. In fondo era sempre stato un romanticone e amava in modo particolare annunciare alle donne che erano incinte, giusto per fargli risparmiare i soldi del test in farmacia, ma anche per vedere la faccia che facevano.


Tra i convocati c’era anche, in veste di consulente, Alina arrivata da pochi giorni direttamente dal Pianeta sotto esame. Di certo aveva notizie più fresche, forse le cose non stavano messe così male, magari un malfunzionamento degli impianti d’allarme…


Un guasto che dura"va da così tanto? Improbabile.


Alina in verità si stava chiedendo dove fosse e perché tutto era successo così in fretta. Forse era in "trip" (nota3), pensava, anche se ne aveva fatto uno solo una volta e si era spaventata moltissimo. Chissà, magari qualcuno l'aveva sciolto nella sua birretta. Chiunque fosse stato, le aveva fatto un regalo. Inutile stare a farsi tante domande, lì si stava bene, si respirava un'altra aria , altro che il posto da cui veniva!


Guerre, carestie, malattie, assassini… tutti i report collimavano. Il megaschermo puntato sul Pianeta rimandava inquadrature agghiaccianti. accompagnate da rumori e urla terribili. Alina, 26 anni terrestri, confermò tutto con amarezza. Tutti persi nelle loro beatitudini fino ad allora, gli astanti ricevettero un grosso shock. Calò il silenzio


«Mi permetto di far notare che forse è stata data troppa mano libera al Nemico, egli è laggiù da secoli, e sa far bene il suo lavoro», intervenne Saputhel. «Un po’ di autocritica accidenti!» e, agitando il ditino impertinente continuò rivolto a Iod, «e com’è che lavora il tuo ex delfino? Nascosto nelle tenebre, anzi no, nelle banche, nelle polveri, da sparo e droga… E noi qui a goderci i canti gregoriani, a raccogliere fiorellini, a guardare dvd delle vite che arrivano alla ricerca del pelo nell’uovo. Dobbiamo essere più attivi, e non solo qui!»


Lo sguardo di Iod si fissò sul figlio, c’era una comunicazione telepatica tra i due. Shojo ebbe un gesto di stizza, poi cercò di moderarsi. «No, no per favore, non me, non un’altra volta! Non ho nessuna voglia di rifare la trafila. Starmene buono per trent’anni e poi… »

(continua)

Note:

«Also spracht Zarathustra»  Nietzche filosofo del nichilismo (teoria che nega l'esistenza di una vita oltre la morte, per farla semplice)nota 1

"Un certo personaggio, ex-capetto, anzi capettino, o meglio ancora tappetino,", ex-ministro della PA Brunetta nota2

"essere in trip" avere assunto LSD(nota3)

#violenzadigenere#abusi#schiavesessuali-- Domandina breve.

Questo è invece un interrogativo che mi porto dietro da quando scrivo e leggo.
Perchè le donne si indignano tanto su questo argomento, ma poi:
scrivono e leggono storie in cui il totem è il membro maschile
scrivono e leggono storie in cui lei si prostituisce allo psicopatico di turno (sempre bello e ricco) per salvare fabbrica, curare parenti terminali, conservare un lavoro, mantenere un figlio ect ect ?
Sono i libri più venduti.
Me la date? (una spiegazione, intendo).
La vorrei davvero: ragionata, argomentata. Perchè una ragione ci deve essere. E "si tratta di fantasia di evasione", non mi basta. Perchè se ti nutri di quello significa che ti piace, se lo recensisci con entusiasmo e non cogli il fatto che, nonostante tu non ci pensi, stai creando un certo tipo di cultura e la stai alimentando e stai impregnando di questa la testa di donne adolescenti, di donne giovani, ne sei responsabile che ti piaccia o meno. Se il tuo intento è farci i soldi, li fai perchè questa roba "funziona". 
Il mistero è "perchè " funziona.
Scrivere e leggere di sesso è bello, mi piace. Piace. Ma ci sono dei limiti perchè stai facendo cultura, al di là delle tue intenzioni. E se proprio vuoi superare quei limiti, abbi la decenza di far trapelare anche il messaggio che un certo agire non è sano.
Non te la puoi cavare con "l'amore giustifica tutto" o un finale in cui il 30-cm cambia i pannolini.
Non sarà mica che le donne sono insoddisfatte dei loro uomini?
O che non lo fanno abbastanza?
O che sognano di essere brutalizzate?
La terza opzione odora di schizofrenia.


#abusi#violenzapsicologica#sessodiscambio#Keihra e le sue esperienze, Parte Prima

In seguito alle "rivelazioni" di una nota attrice italiana, in questo periodo è venuto a galla un "fenomeno" antico come il mondo. Trattasi del "do ut des". A seguire numerosissime testimonianze, servizi, scalpore mediatico.
Devo dire la mia, e ci ho pensato tanto.
Esistono abusi/molestie e abusi/molestie.
E sono da tenere bene separati.
La donna è consapevole del suo potere di seduzione e, se vuole, è libera di farne merce di scambio per ottenere qualcosa. In tante l'hanno fatto e, personalmente, rispetto la loro scelta. A patto che dopo, ottenuto ciò che volevano, non si mettano a starnazzare e a dipingersi come vittime. Perchè, in certi ambiti, e lo urlo, SI PUO' ANCHE DIRE DI NO.
Ma iniziamo dalla genesi, visto che ci sono, così vuoto il sacco, anche se questi primi post sembreranno un po' OT. Me ne scuso.

Nel mio piccolo ho subìto pesanti avance addirittura da un commissario della Maturità. Me lo ricordo ancora. Mi ha bloccato contro il termosifone di un bagno e mi ha ficcato la lingua in bocca. Aveva le labbra viola, grosse. Era più basso di me e, francamente, faceva schifo. Ho "assaggiato" la sua lingua perchè sono stata colta di sorpresa. Intanto le mani grassocce si erano infilate sotto la maglietta e salivano alla ricerca della mia terza scarsa. Ero una ragazza carina, credo. Vestivo in modo semplice, giravo in jeans e maglietta, scarpe da ginnastica o ballerine e mi truccavo poco perchè sono sempre stata un disastro con il make-up.
Portavo i capelli lunghi (sono sul biondo scuro) e un po' mossi (complice una permanente leggera perchè li ho dritti come spaghetti). Un tratto interno di kajal per "valorizzare" gli occhi verdi che erano e sono il mio punto di forza, una passata di mascara. E rimorchiavo.
La situazione, in quel bagno, mi colse davvero impreparata. Il tizio, veniva dalla Calabria ed era il Presidente della Commissione, faceva davvero ribrezzo. La scena è vivida.
Gli misi le mani sul petto e lo allontanai con forza. Tornò all'attacco. Respingimento in mare aperto, sempre più confusa. Non ero lucida, non capivo proprio. Finchè lui sibilò: "Questa te la farò pagare". Non ci detti peso.
Ero una delle migliori del Liceo, la migliore in Italiano tanto che, durante la prova scritta, contestarono la velocità della consegna e l'assenza della brutta copia. Tornai al mio banco, mettendomi a compilare pazientemente una copia della bella copia, tanto per farli contenti e, nel frattempo, scrissi un paio di "componimenti" per i compagni in difficoltà. Ok, consegno e il mio prof, che Dio lo benedica, mi fa un lieve sorriso. si chiamava Bettini. Io l'adoravo perchè riusciva a capire il mio stile che è sempre stato "contorto", a voler classificarlo in altro modo più dignitoso, non convenzionale, insolito, non "ruffiano". Però ineccepibile dal punto di vista sintattico, grammaticale e logico.
Sapevo che la prova scritta era andata bene: era Greco, che amavo molto più del Latino, perchè non esistono "assonanze" che possono trarti in inganno.

Arriva il momento dell'orale e mi trovo davanti componenti misti: professori miei e altri esterni.
Il Presidente, anzi, presidente dice: "Questa la interrogo io". Ne aveva il diritto.
Ho incrociato il suo sguardo, ho guardato le cime degli alberi fuori e ho pensato tra me che lo avrei fregato in ogni caso. Ero preparata.
E lì è successo l'imprevedibile. Lui faceva domande, diciamo anche che erano un po' assurde (ma ci stavano) e io non riuscivo a rispondere. Proprio non mi usciva la voce.
Sono intervenuti i docenti "amici", ponendomi questioni da fare ridere i polli. Leopardi, Manzoni, Tacito, Giulio Cesare, la Tragedia Greca.... E io zitta. Mi hanno portato dell'acqua.
Io continuavo a tacere. Non riuscivo ad articolare mezza parola. Mi vergognavo un sacco, ma non ci riuscivo.
Il presidente aveva un ghigno beffardo.
La scena è vivida, emozioni, colori, suoni a distanza di anni.
Il risultato: sono uscita con il minimo e mi sono giocata la borsa di studio per l'Università. Un fatto tragico per me, non avendo più una famiglia su cui contare.

Ero talmente sconfortata... come avrei fatto a proseguire gli studi? Da notare che dovevo provvedere anche alla mia sussistenza. Non so come ragionavo, ma ragionavo male. Ero a metà tra un topino terrorizzato dal gatto e la convinzione di avere fatto la cosa giusta, ma non per principi morali.
Semplicemente il tizio schifoso non era il mio tipo e rivendicavo il diritto alla mia sessualità, scoperta da un paio di anni, di "darla" a chi volevo e sceglievo io.
Ma anche fossi stata un po' meno scema e consapevole della grave pressione, avrei avuto come testimone un water e un termosifone.

Ne ho ancora da raccontare... alla prossima.
NB. Non userò un criterio cronologico.