Non sono
sconvolta, sono semplicemente arrabbiata, me l’aveva promesso, non sotto questo
tetto, non in questo momento. Ė umiliante, irrispettoso, è da maschio
incontinente. No, un attimo, gli incontinenti sono quelli che si fanno pipì
addosso. Ė proprio come tutti gli altri maschi, incapace di tenersi l’uccello
in gabbia. Non è che sono gelosa, nooo, io non sarei neanche all’altezza della
sua Lea, volevo dire alla sua bassezza, visto che era inginocchiata. Lui aveva
un tono di voce, pareva glielo stesse mordendo, pensavo che l’estasi maschile
fosse tutta un grugnire e una sequela di “dai
piccola, così, sì “ e magari qualche parolina spinta. Ho attraversato la
biblioteca, testa alta, petto in fuori e quella frase ironica di scusa, sono
stata mitica. Peccato che, invece di sentirmi orgogliosa, avverta un vuoto, una
delusione, una fitta allo stomaco. Al diavolo i commiati di fine serata, son
volata su per la scala che porta in camera mia.
Ci sono
quasi, ma vado a sbattere contro un torace sodo, maschile. Due braccia mi
avvolgono e una bocca blocca il mio urlo spontaneo. Mi schiodo dalla piovra con
rara abilità.
"Non
avevo altro modo per fermarti."
Non è il suo
tocco, non è il suo profumo, non è la sua voce. La luce sulle scale si accende,
mentre a me parte automatico uno schiaffo che va a imprimersi sul bel volto di
Eman.
"Che ti
salta in mente?"
"Ti
credevo sconvolta."
"Perchè
dovrei?", faccio la finta ingenua.
Mi sento
prendere per le spalle in modo possessivo mentre alle mie narici giunge quella
nota di Creed.
"Puoi
andare Eman, la tua camera è quella sull'angolo, buonanotte!" La sua
esortazione è un ordine da non contraddire.
Mi prende per
un braccio, quasi mi trascina dalla parte opposta di dove vorrei andare e mi
ritrovo nella sua ampia matrimoniale. Non posso neppure protestare per via
dell'amico di famiglia, ma appena chiude la porta, mi butto vestita sul letto
king size, anche le scarpe tengo in segno di ribellione. Il broncio mi viene
spontaneo mentre ignoro intenzionalmente Lukas e dalla pochette tiro fuori il
mio cell vetusto. Ora chiamo Serena, è tanto che non la sento. So che posso
farlo perché lei è sempre disponibile anche in tarda notte. Svariate volte una
voce cordiale sentenzia "numero inesistente". Allora faccio il numero
di Milly e la stessa voce, penso faccia gli straordinari, mi consiglia di
lasciare un messaggio in segreteria. Fortuna che vegliavano su di me. Con la
coda dell'occhio vedo il mio uomo, in senso poliziesco, che va su e giù per la
stanza. Il silenzio si protrae, non possiamo andar avanti all'infinito. Alzo
gli occhi e i nostri sguardi si scontrano come a prepararsi per un duello
all'ultimo sangue.
"Per
caso è tua abitudine baciare gli sconosciuti?", mi aggredisce.
Lui che fa il
predicozzo a me, lui che poco tempo prima si faceva fare un servizietto dalla
sua bellona contro ogni promessa, lui che mi ha baciato già due volte e non è
che siamo vecchi amici di baldorie.
Vado
all'offensiva, meglio di tante recriminazioni.
"Non era
uno sconosciuto, ci ho pure ballato!”
Mi fulmina
con quello sguardo che mette davvero in soggezione. Per tutta risposta gli
ribatto: “Non era mia abitudine, ma sai, dopo che l’hai fatto tu ci ho preso
gusto e ho scoperto che pure tirar schiaffi mi eccita."
Tace, non può
smentirmi.
"Senti,
devi star attenta ad Eman", mi mette in guardia. Quei due devono proprio
amarsi, poco prima l'altro mi ha fatto intendere lo stesso e ora realizzo con
chiarezza che l’invito di Eman ad uscirmene sola in giardino era proprio perché
potessi assistere a quel porno casereccio tra il mio finto-fidanzato e la sua
amante di ghiaccio.
"Posso
tenerlo come riserva quando questa commedia sarà finita? Mi sembrerà strano
trovarmi single di colpo", scherzo e questa volta sono davvero divertita da
questa sua sparata, pensando a ciò a cui ho assistito poco fa.
Mi lancia
un'occhiataccia. "Libera di fare ciò che vuoi, dopo."
"Quindi
ho la tua benedizione, ma dubito sia valida data da uno spergiuro!",
eccomi, sono partita e quando accade non mi fermo più. Retromarcia è una parola
che non esiste nel mio vocabolario. Lui finalmente si ferma, mette le mani
giunte sulle labbra, è il suo modo di riflettere, ormai lo conosco, poi d'un
tratto sbotta: " Star qui mi rende nervoso, ho bisogno di una sigaretta.
Ti va di venir giù in piscina con me?"
"Ma sono
quasi le tre!"
"Ormai
sono andati via tutti. Hai sonno?"
"Ce
l'avevo, ma si vede che ho perso il giro."
Lo prende
come un sì e mi appoggia la sua giacca sulle spalle, poi mi trascina nuovamente
nella penombra, ci ha preso giusto, ma mi tiene per mano e attraverso una
porticina al pian terreno, mi conduce alla piscina-monumento, agguanta un paio
di asciugamani e ci accomodiamo. A guardare il cielo. Carro maggiore, carro
minore, Cassiopea, per carità magnifico spettacolo, ma non sono dell’umore. Trattengo
le mie domande, faccio una gran fatica, ma ho deciso di rimanere fedele alla
mia strategia, se non lo facessi il mio cuore ne uscirebbe a pezzi. Lo so, lo
avverto nel profondo, come avverto la sua presenza accanto, come mi sto facendo
violenza per non rannicchiarmi su quel suo corpo magnifico e cercare nuovamente
quelle labbra. E cancellare tutto il resto.
e
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