IL GIOCO DI MARAT
"Clak!" lo scatto secco
della valigia risuonò nella stanza vuota.
Topazia la aprì e lentamente ne estrasse il contenuto. Chiunque si sarebbe stupito. Lei no. Lei era pronta: l'avevano già istruita.
Non era facile, non era mai stato facile. Da una parte, il pensiero correva a quella sensazione che le parole non avevano mai saputo descrivere; dall'altra, sebbene fosse ormai abituata a quello che era diventato un loro gioco condiviso come un segreto, la tensione era ancora molto alta.
Già, perché quel gioco oltre ad essere qualcosa di fisico, penetrava davvero nell'anima. Aveva sempre il potere di sconvolgerla, aldilà della sua ostentata indifferenza. Questa volta, le fece un effetto ancora più strano e subdolo, forse perché temeva che questa volta qualcosa andasse storto. Fu allora che realizzò mentre rivoli di sudore freddo presero a correrle sulla schiena e a insinuarsi tra le natiche sode: ormai non poteva più tornare indietro.
Sentì nel cortile sbattere le portiere dell'auto, il cigolio del portone d'ingresso che veniva aperto... non c'era tempo da perdere. Repentinamente indossò la tonaca e il cappuccio che aveva estratto dalla valigia. E al collo mise il medaglione maledetto con l'effigie delle tre lune.
Cobham era un piccolo paese a mezz'ora d'auto da Londra, la gente del posto era molto discreta, unico svago, una pinta di Real Ale la sera, nell'unico pub del paese eppure nessuno si azzardava ad accennare qualcosa mai su quel via vai di auto ogni 13 del mese in quella grande casa al confine del paese. Sebbene qualcuno sospettava si trattasse di una setta il loro unico pensiero era farsi i fatti propri, anche se non immaginava che, da li a poco, una serie di eventi avrebbero minato la loro naturale discrezione e la loro tranquillità. Neppure lontanamente avrebbero supposto che stavano ospitando la "Setta Delle Tre Lune Calanti".
Topazia la aprì e lentamente ne estrasse il contenuto. Chiunque si sarebbe stupito. Lei no. Lei era pronta: l'avevano già istruita.
Non era facile, non era mai stato facile. Da una parte, il pensiero correva a quella sensazione che le parole non avevano mai saputo descrivere; dall'altra, sebbene fosse ormai abituata a quello che era diventato un loro gioco condiviso come un segreto, la tensione era ancora molto alta.
Già, perché quel gioco oltre ad essere qualcosa di fisico, penetrava davvero nell'anima. Aveva sempre il potere di sconvolgerla, aldilà della sua ostentata indifferenza. Questa volta, le fece un effetto ancora più strano e subdolo, forse perché temeva che questa volta qualcosa andasse storto. Fu allora che realizzò mentre rivoli di sudore freddo presero a correrle sulla schiena e a insinuarsi tra le natiche sode: ormai non poteva più tornare indietro.
Sentì nel cortile sbattere le portiere dell'auto, il cigolio del portone d'ingresso che veniva aperto... non c'era tempo da perdere. Repentinamente indossò la tonaca e il cappuccio che aveva estratto dalla valigia. E al collo mise il medaglione maledetto con l'effigie delle tre lune.
Cobham era un piccolo paese a mezz'ora d'auto da Londra, la gente del posto era molto discreta, unico svago, una pinta di Real Ale la sera, nell'unico pub del paese eppure nessuno si azzardava ad accennare qualcosa mai su quel via vai di auto ogni 13 del mese in quella grande casa al confine del paese. Sebbene qualcuno sospettava si trattasse di una setta il loro unico pensiero era farsi i fatti propri, anche se non immaginava che, da li a poco, una serie di eventi avrebbero minato la loro naturale discrezione e la loro tranquillità. Neppure lontanamente avrebbero supposto che stavano ospitando la "Setta Delle Tre Lune Calanti".
In realtà Jack O'Connor, trasferitosi
da un paio di mesi in quel luogo, qualche domanda se l'era fatta. Agli interrogativi
fatti ad altri però, non aveva ricevuto risposta. Gli era sorto pure il dubbio
che tra i frequentatori di quella casa, vi fosse anche qualche insospettabile
donna del paese. La barista del pub, ad esempio, o la moglie del reverendo
Jones…
Nel frattempo Topazia, ormai pronta, udì
l'abituale dischiudersi discreto delle porte seminascoste nella parete
damascata. Erano le sue due compagne Persia e Ayasha. Non le aveva mai viste in
volto, erano vestite sempre esattamente come lei. Una si pose alla sua destra,
l'altra a sinistra. Pur non avendo mai scambiato una parola con loro, ormai le
riconosceva bene. Dal passo, dal modo di muoversi, dal respiro.
Di colpo sentì il cuore che perdeva un battito: era sicura che la ragazza alla sua destra fosse un'estranea. Topazia cercò in tutti i modi di capire chi fosse quella donna e, quando riuscì a intravederne per un istante gli occhi, rimase stupefatta. Era Sarah Jones, la moglie del reverendo. Le sembrava impossibile, quella donna, nella sua posizione, la moglie di Howard Jones, no, non poteva essere vero, eppure era li, accanto a lei, pronta a far parte di quel gioco, "il gioco di Marat".
Di colpo sentì il cuore che perdeva un battito: era sicura che la ragazza alla sua destra fosse un'estranea. Topazia cercò in tutti i modi di capire chi fosse quella donna e, quando riuscì a intravederne per un istante gli occhi, rimase stupefatta. Era Sarah Jones, la moglie del reverendo. Le sembrava impossibile, quella donna, nella sua posizione, la moglie di Howard Jones, no, non poteva essere vero, eppure era li, accanto a lei, pronta a far parte di quel gioco, "il gioco di Marat".
(continua)
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