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X-Mas Time (raccontino natalizio un po' folle) UNO


Nella Centrale Operativa del Palazzo Maggiore di Tallocris, Zielha teneva, come al solito d’occhio i monitor della Stanza Alfa. Erano circa un centinaio e non era affatto un lavoro semplice. Bisognava tener conto di un migliaio di pulsanti di vari colori, oltre a saper distinguere la diversa intensità degli eventuali ultrasuoni che segnalavano un qualche tipo di problema. Dalla Stanza Alfa alla Stanza Omega il lavoro era lo stesso. Vi si alternavano i Volontari Prescelti poiché era un compito molto delicato e andava svolto con la massima attenzione. La sorveglianza riguardava l’andamento generale dei vari pianeti delle numerose galassie. Il Principio che doveva essere rispettato era il Numero Uno, omnicomprensivo che andava sotto il nome di A-erre-mon. L’aveva stabilito dalla notte dei tempi il grande Iod: senza di quello l’Universo non sarebbe potuto andare avanti per molto. Era quindi di fondamentale importanza che venisse rispettato. Il Pianeta che dava segni di scompenso, veniva attentamente monitorato, e poteva scapparci anche la distruzione dello stesso, ovviamente dopo vari tentativi di recupero e varie discussioni animate del Consiglio Supremo.


Tallocris era la capitale del Pianeta Parallelo.


Poche abitazioni, molta vegetazione di colore sgargiante e variegato. Gli Abitanti confluivano là da vari luoghi e ognuno aveva un compito ben preciso da svolgere.


Poiché molti di essi arrivavano da altre Realtà, si era stabilito che l’Invisibile fosse Visibile a tutti per non creare disorientamento o dover dare continue spiegazioni ai nuovi arrivati che continuamente vi defluivano.


Fu in quel giorno che risuonò l’allarme. Un ultrasuono lacerante, accompagnato dall’accendersi del pulsante rosso: segno di massima allerta. I Paralleliani se l’aspettavano già da un po’, le voci correvano pure lì e, se fosse stato possibile, ci avrebbero speculato anche in Borsa.


L’allarme riguardava il Pianeta Terra.


Dopo pochi nanosecondi il Consiglio Supremo era già riunito nella Sala Infinita chiamata così perché, appunto, nessuno sapeva quanti Esseri potesse contenere e anche perché nessuno si era preso la briga di misurarla. Non ce n’era bisogno visto che la stessa si adattava per conto suo al numero dei presenti, si rimpiccioliva e s’ingrandiva con la massima precisione (ogni tanto però le sfuggiva qualche “uff”).


Aveva poi la particolarità che, per quante fossero le unità presenti, ognuna aveva un posto in prima fila, e senza pagare nessun canone. Gli architetti dei Mondi Abitati si sarebbero sbranati per carpirne il brevetto. Sta di fatto che però, quando e se arrivavano lì, quello era il loro ultimo pensiero.


«Avete già sentito, immagino, le gravi notizie che giungono dal Pianeta Terra», esordì il Grande Iod, senza por tempo in mezzo, « ad ogni modo ho provveduto che tutti voi abbiate in mano la sintesi scritta della relazione e i vari punti critici.»


Un certo personaggio, ex-capetto, anzi capettino, o meglio ancora tappetino (nota 2), di un certo Mondo Abitato sarebbe rimasto a bocca aperta per tale efficienza della burocrazia in Tallocris. Avrebbe fatto (fare) ricerche su ricerche per capire come funzionasse per poi scoprire che il grande Iod nutriva un profondo rispetto per chi vi lavorava e i suoi lo ricambiavano perché lo ritenevano un capo giusto e umile, che non stava lì a contare i minuti della pausa-relax. Anzi ogni tanto li chiamava affettuosamente "fa-tuttoni" e per loro era motivo di vanto. Ma, naturalmente, quel terrestre aveva poche probabilità di arrivare fin lì: troppe volte, con la sua nota band chiamata “Citorius”, aveva infranto il Principio.


«Ehm… ehm. Siete pronti? Siete caldi?», vedendo che gli astanti si accingevano ad alzarsi per fare la ola (cosa per cui impazzivano), Iod li frenò con un semplice gesto della mano.


«Converrete con me che abbiamo aspettato e pazientato fin troppo: la Terra è l’unico dei Mondi Abitati che ci dà da circa 2000 anni, secondo il loro calendario, grossi problemi di preoccupazione. Il Principio A-Erre-Mon è stato più volte infranto e continua ad esserlo. Indìco dunque una votazione per alzata di mano al fine di predisporre un Intervento Urgente», concluse brevemente, ma in modo incisivo. «Also spracht Zarathustra» (nota1), commentò un ex-terrestre che, finito in quel Luogo, si era inutilmente speso e aveva fatto il diavolo a quattro per tornare indietro e annientare il nichilismo.


Bah, un filosofo, forse.


Nel grande silenzio tutte le mani si alzarono, fuorché quella di Yaram che, invece, chiese la parola.


Dopo essersi schiarita la voce protestò timidamente: «Faccio presente al Consiglio Supremo e a te, grande Iod, che la sottoscritta si reca minimo una volta al mese sul Pianeta Terra. Faccio un piccolo comizio ai miei portavoce, ricordo le cose fondamentali e ho un gran seguito di fan.»
    Il bellissimo giovane uomo che le era accanto seduto, ribatté. «Questo è vero, Madre. Bisogna darti atto di gran buona volontà e costanza. Però sono trent’anni terrestri che vai laggiù, ma non è che hai ottenuto grossi risultati… Che sia l’abito un po’ demodé?»

«Non fare lo spiritoso Shojo, sai benissimo che non è la veste che fa l’Apparizione e poi tua madre non si è mai fidata degli stilisti, preferisce cucirsi gli abiti da sola» si sentì in diritto di difenderla Sephjo, che un pochino la conosceva, anche se non in senso biblico.


«Forse dovresti aprire un acconto, si dice così vero?, su quei dannati ritrovi, come il libro delle facce, Yaram. Scommetto che avresti un bilione di fans». Suggerì Tecnahel, inascoltato.


Nel frattempo il Grande Iod passeggiava su e giù nervosamente, accarezzandosi un’inesistente lunga barba, retaggio inconscio delle numerose rappresentazioni artistiche terrestri. Non era affatto vecchio, né canuto, anzi, pareva una copia un pochino più matura di Shojo: i due si somigliavano tantissimo. Non per nulla erano padre e figlio.


In un angolo Ielgabr stava aspettando di scrivere qualcosa sul verbale della riunione e intanto riempiva il foglio di cuoricini, per non annoiarsi. In fondo era sempre stato un romanticone e amava in modo particolare annunciare alle donne che erano incinte, giusto per fargli risparmiare i soldi del test in farmacia, ma anche per vedere la faccia che facevano.


Tra i convocati c’era anche, in veste di consulente, Alina arrivata da pochi giorni direttamente dal Pianeta sotto esame. Di certo aveva notizie più fresche, forse le cose non stavano messe così male, magari un malfunzionamento degli impianti d’allarme…


Un guasto che dura"va da così tanto? Improbabile.


Alina in verità si stava chiedendo dove fosse e perché tutto era successo così in fretta. Forse era in "trip" (nota3), pensava, anche se ne aveva fatto uno solo una volta e si era spaventata moltissimo. Chissà, magari qualcuno l'aveva sciolto nella sua birretta. Chiunque fosse stato, le aveva fatto un regalo. Inutile stare a farsi tante domande, lì si stava bene, si respirava un'altra aria , altro che il posto da cui veniva!


Guerre, carestie, malattie, assassini… tutti i report collimavano. Il megaschermo puntato sul Pianeta rimandava inquadrature agghiaccianti. accompagnate da rumori e urla terribili. Alina, 26 anni terrestri, confermò tutto con amarezza. Tutti persi nelle loro beatitudini fino ad allora, gli astanti ricevettero un grosso shock. Calò il silenzio


«Mi permetto di far notare che forse è stata data troppa mano libera al Nemico, egli è laggiù da secoli, e sa far bene il suo lavoro», intervenne Saputhel. «Un po’ di autocritica accidenti!» e, agitando il ditino impertinente continuò rivolto a Iod, «e com’è che lavora il tuo ex delfino? Nascosto nelle tenebre, anzi no, nelle banche, nelle polveri, da sparo e droga… E noi qui a goderci i canti gregoriani, a raccogliere fiorellini, a guardare dvd delle vite che arrivano alla ricerca del pelo nell’uovo. Dobbiamo essere più attivi, e non solo qui!»


Lo sguardo di Iod si fissò sul figlio, c’era una comunicazione telepatica tra i due. Shojo ebbe un gesto di stizza, poi cercò di moderarsi. «No, no per favore, non me, non un’altra volta! Non ho nessuna voglia di rifare la trafila. Starmene buono per trent’anni e poi… »

(continua)

Note:

«Also spracht Zarathustra»  Nietzche filosofo del nichilismo (teoria che nega l'esistenza di una vita oltre la morte, per farla semplice)nota 1

"Un certo personaggio, ex-capetto, anzi capettino, o meglio ancora tappetino,", ex-ministro della PA Brunetta nota2

"essere in trip" avere assunto LSD(nota3)

#violenzadigenere#abusi#schiavesessuali-- Domandina breve.

Questo è invece un interrogativo che mi porto dietro da quando scrivo e leggo.
Perchè le donne si indignano tanto su questo argomento, ma poi:
scrivono e leggono storie in cui il totem è il membro maschile
scrivono e leggono storie in cui lei si prostituisce allo psicopatico di turno (sempre bello e ricco) per salvare fabbrica, curare parenti terminali, conservare un lavoro, mantenere un figlio ect ect ?
Sono i libri più venduti.
Me la date? (una spiegazione, intendo).
La vorrei davvero: ragionata, argomentata. Perchè una ragione ci deve essere. E "si tratta di fantasia di evasione", non mi basta. Perchè se ti nutri di quello significa che ti piace, se lo recensisci con entusiasmo e non cogli il fatto che, nonostante tu non ci pensi, stai creando un certo tipo di cultura e la stai alimentando e stai impregnando di questa la testa di donne adolescenti, di donne giovani, ne sei responsabile che ti piaccia o meno. Se il tuo intento è farci i soldi, li fai perchè questa roba "funziona". 
Il mistero è "perchè " funziona.
Scrivere e leggere di sesso è bello, mi piace. Piace. Ma ci sono dei limiti perchè stai facendo cultura, al di là delle tue intenzioni. E se proprio vuoi superare quei limiti, abbi la decenza di far trapelare anche il messaggio che un certo agire non è sano.
Non te la puoi cavare con "l'amore giustifica tutto" o un finale in cui il 30-cm cambia i pannolini.
Non sarà mica che le donne sono insoddisfatte dei loro uomini?
O che non lo fanno abbastanza?
O che sognano di essere brutalizzate?
La terza opzione odora di schizofrenia.


#abusi#violenzapsicologica#sessodiscambio#Keihra e le sue esperienze, Parte Prima

In seguito alle "rivelazioni" di una nota attrice italiana, in questo periodo è venuto a galla un "fenomeno" antico come il mondo. Trattasi del "do ut des". A seguire numerosissime testimonianze, servizi, scalpore mediatico.
Devo dire la mia, e ci ho pensato tanto.
Esistono abusi/molestie e abusi/molestie.
E sono da tenere bene separati.
La donna è consapevole del suo potere di seduzione e, se vuole, è libera di farne merce di scambio per ottenere qualcosa. In tante l'hanno fatto e, personalmente, rispetto la loro scelta. A patto che dopo, ottenuto ciò che volevano, non si mettano a starnazzare e a dipingersi come vittime. Perchè, in certi ambiti, e lo urlo, SI PUO' ANCHE DIRE DI NO.
Ma iniziamo dalla genesi, visto che ci sono, così vuoto il sacco, anche se questi primi post sembreranno un po' OT. Me ne scuso.

Nel mio piccolo ho subìto pesanti avance addirittura da un commissario della Maturità. Me lo ricordo ancora. Mi ha bloccato contro il termosifone di un bagno e mi ha ficcato la lingua in bocca. Aveva le labbra viola, grosse. Era più basso di me e, francamente, faceva schifo. Ho "assaggiato" la sua lingua perchè sono stata colta di sorpresa. Intanto le mani grassocce si erano infilate sotto la maglietta e salivano alla ricerca della mia terza scarsa. Ero una ragazza carina, credo. Vestivo in modo semplice, giravo in jeans e maglietta, scarpe da ginnastica o ballerine e mi truccavo poco perchè sono sempre stata un disastro con il make-up.
Portavo i capelli lunghi (sono sul biondo scuro) e un po' mossi (complice una permanente leggera perchè li ho dritti come spaghetti). Un tratto interno di kajal per "valorizzare" gli occhi verdi che erano e sono il mio punto di forza, una passata di mascara. E rimorchiavo.
La situazione, in quel bagno, mi colse davvero impreparata. Il tizio, veniva dalla Calabria ed era il Presidente della Commissione, faceva davvero ribrezzo. La scena è vivida.
Gli misi le mani sul petto e lo allontanai con forza. Tornò all'attacco. Respingimento in mare aperto, sempre più confusa. Non ero lucida, non capivo proprio. Finchè lui sibilò: "Questa te la farò pagare". Non ci detti peso.
Ero una delle migliori del Liceo, la migliore in Italiano tanto che, durante la prova scritta, contestarono la velocità della consegna e l'assenza della brutta copia. Tornai al mio banco, mettendomi a compilare pazientemente una copia della bella copia, tanto per farli contenti e, nel frattempo, scrissi un paio di "componimenti" per i compagni in difficoltà. Ok, consegno e il mio prof, che Dio lo benedica, mi fa un lieve sorriso. si chiamava Bettini. Io l'adoravo perchè riusciva a capire il mio stile che è sempre stato "contorto", a voler classificarlo in altro modo più dignitoso, non convenzionale, insolito, non "ruffiano". Però ineccepibile dal punto di vista sintattico, grammaticale e logico.
Sapevo che la prova scritta era andata bene: era Greco, che amavo molto più del Latino, perchè non esistono "assonanze" che possono trarti in inganno.

Arriva il momento dell'orale e mi trovo davanti componenti misti: professori miei e altri esterni.
Il Presidente, anzi, presidente dice: "Questa la interrogo io". Ne aveva il diritto.
Ho incrociato il suo sguardo, ho guardato le cime degli alberi fuori e ho pensato tra me che lo avrei fregato in ogni caso. Ero preparata.
E lì è successo l'imprevedibile. Lui faceva domande, diciamo anche che erano un po' assurde (ma ci stavano) e io non riuscivo a rispondere. Proprio non mi usciva la voce.
Sono intervenuti i docenti "amici", ponendomi questioni da fare ridere i polli. Leopardi, Manzoni, Tacito, Giulio Cesare, la Tragedia Greca.... E io zitta. Mi hanno portato dell'acqua.
Io continuavo a tacere. Non riuscivo ad articolare mezza parola. Mi vergognavo un sacco, ma non ci riuscivo.
Il presidente aveva un ghigno beffardo.
La scena è vivida, emozioni, colori, suoni a distanza di anni.
Il risultato: sono uscita con il minimo e mi sono giocata la borsa di studio per l'Università. Un fatto tragico per me, non avendo più una famiglia su cui contare.

Ero talmente sconfortata... come avrei fatto a proseguire gli studi? Da notare che dovevo provvedere anche alla mia sussistenza. Non so come ragionavo, ma ragionavo male. Ero a metà tra un topino terrorizzato dal gatto e la convinzione di avere fatto la cosa giusta, ma non per principi morali.
Semplicemente il tizio schifoso non era il mio tipo e rivendicavo il diritto alla mia sessualità, scoperta da un paio di anni, di "darla" a chi volevo e sceglievo io.
Ma anche fossi stata un po' meno scema e consapevole della grave pressione, avrei avuto come testimone un water e un termosifone.

Ne ho ancora da raccontare... alla prossima.
NB. Non userò un criterio cronologico.

#Amazon#PoliziaPostale#ViolazioneLineeGuida

Forse questa vicenda aiuterà a fare un po' di chiarezza e pulizia nel marasma della piattaforma di Bezos. Succede che la Polizia Postale sta indagando sulle innumerevoli recensioni a 1 stella e diffamanti che accompagnano il libro della Lucarelli. Amazon, che molto tiene all'apparenza di rettitudine specchiata quando viene tirata per i capelli, sta collaborando per verificare l'autenticità di tali recensioni. Dopo l'accertamento dell'esistenza di gruppi segreti su Facebook coalizzati per affossare la blogger, portandole indubbio danno, ora si procede anche per arginare il fenomeno delle centinaia di recensioni compiacenti di vari autori che, indubbiamente, causano danno ad altri. Il tutto sempre tramite lo stesso mezzo: gruppi segreti, recensioni a 5 stelle e uso del pulsantino in massa utile/non utile, il primo per le positive e il secondo  per le negative. Pare che anche il Codacons sia intervenuto per porre un freno al dilagare di questo fenomeno. Qualora il dato venisse verificato la conseguenza sarebbe l'allontanamento dell'autore "colpevole" sine die, essendo egli il beneficiario di queste manovre, e restituzione delle royalties più una sorta di multa per avere violato le stesse linee guida. Io lo trovo un pochino ipocrita perchè salva la faccia al signor Bezos che, non sollecitato, avrebbe continuato a fare orecchie da mercante, quale in effetti è. Inoltre, è già successo in USA, sono stati messi in mezzo e bannati a vita Autori onesti, senza alcuna possibilità di replica. Ricordo appelli disperati di gente, che si professava innocente, per cui gli introiti dei loro lavori erano l'unica fonte di reddito. Appelli rimasti inascoltati perchè può anche succedere che per troppo "zelo", ci vadano in mezzo anche coloro che non hanno colpe.

Altro aggiornamento in merito alla medesima piattaforma: i contenuti. Sotto il mirino degli inquirenti ci sono quei libri che, contro le stesse linee guida, trattano: 
- violenza di genere 
- offesa del comune senso del pudore 
- apologia di stili di vita discutibili (mafia, illegalità, prostituzione e così via)  

Riflessione: si tratta di limitazione alla libera espressione oppure di rispetto delle regole che lo stesso Bezos ha scritto nero su bianco? Certo è che il materiale si trova a disposizione di tutti, minorenni compresi, checchè se ne dica. Come è certo che alcuni contenuti sono offensivi rispetto a una razza/credo/genere. Secondo me, si può scrivere di tutto, ma bisogna stare molto attenti al modo in cui si veicola un messaggio che, volenti o nolenti, c'è SEMPRE. Dopo, lo sappiamo bene, pecunia non olet (il denaro non puzza) e un diecimila mensili fanno comodo a tutti. Ad alcuni scatenano deliri di onnipotenza. Il problema è quando i nodi vengono al pettine e, chi ha giocato di furbizia, viene sgamato non da colleghi "invidiosi", ma dalla Legge stessa.
Sperando che non accada come sopra e vengano puniti anche autori estranei a tali strategie.
(fonti varie)

Simpatica o antipatica, solidarietà alla Lucarelli.



 

Why not? Recensisco pure io. Menù di oggi: Devotion

DEVOTION (Titolo azzeccatissimo)

Arrivo sempre tardi ma, prima o poi, le mie promesse le mantengo. Ho scelto di recensire questo libro dandone un mio parere spassionato perché ho osservato le reazioni e le opinioni su di un argomento così complesso come quello proposto dal libro in questione. Sembra che costituisca più taboo dei vari preti/ suore/ peccatori/ stalker psicopatici, (ma belli e ricchi) con i quali si cerca di attrarre l’attenzione sulla morbosità del binomio sacro/profano, tacciando di moralismo o peggio, chi trova questi argomenti di cattivo gusto (se trattati in modo volgare e strumentale, sia ben chiaro). La situazione e soprattutto l’epilogo sono argomento delicato visto che, per quanto ne so, non è molto usuale. Quindi la prima lode và al coraggio delle autrici di avere avuto un’idea abbastanza originale e averla sviscerata in maniera così elegante. Avevo letto tempo fa il best seller del New York Times e USA Today
“In mille piccoli pezzi” tratta di una situazione quasi, e sottolineo quasi, simile, ma lo avevo trovato troppo rozzo e strumentale per i miei gusti. Provate voi a fare il confronto

Ma torniamo a Devotion: non starò a raccontare la vicenda, la si può leggere nella sinossi, ma scriverò ciò che mi ha colpito e fatto apprezzare questo libro. Finalmente ci si trova davanti a una scrittura strutturata in modo diverso, insomma diciamocelo, il POV alternato non è obbligatorio, è una tecnica abbastanza recente, mutuata da Oltre Oceano e non è detto che sia la migliore (anche se mi ci sono dovuta adeguare anch’io, sic!). Chissà che pian piano si riabituino o abituino i lettori, specialmente le lettrici, a leggere e apprezzare questo approccio. Nonostante questo, di cui alcune lettrici si sono lamentate, i pensieri e i sentimenti dei tre protagonisti arrivano forti e chiari. Ho trovato un po’ più “inafferrabile” il personaggio di Amber, ma mi è andato bene così poiché mi sono arrivate fortissimo altre emozioni e sentimenti dei due protagonisti maschili: Ethan e Adam. La loro gelosia, il senso del possesso, il giocare “sporco”, le maschere che indossano per arrivare a possedere la loro preda (siamo poi sicuri che lo sia davvero?), sono rese in modo fluido e, nello stesso tempo, viscerale. Ti arrivano diritte allo stomaco. E questa è una cosa che apprezzo moltissimo in un libro. Tutto appare così spontaneo, non costruito per compiacere il lettore, che non si può non ammirare le autrici le quali, avendo tra le mani un argomento scottante, hanno trovato la giusta misura per raccontare la vicenda dei tre amici d’infanzia e l’evolversi della loro relazione. L’epilogo può sembrare surreale, ma io mi chiedo quante volte, nella realtà, questa soluzione venga adottata, con una certa benevolenza comune, dai signori maschi. Leggendo capirete ciò che intendo. Insomma questo è un libro che mi ha preso dall’inizio fino all’epilogo e non sono stata lì a chiedermi come e se Amber sarebbe riuscita a gestire questo rapporto. Ci ho visto un riscatto delle donne, la rivincita sulla vita e sulla malattia, la libertà di scegliere di tenersi il meglio. Ho trovato il tema intrigante e credo che ci si debba scandalizzare per ben altro. Eppure non ho visto centinaia di recensioni. Strano. Forse è davvero un tasto scandaloso, sul quale c’è imbarazzo ad esprimersi, sebbene “lo scandalo” non venga usato e strombazzato come esca. Cosa faresti tu se fossi al posto di Amber? Me lo sono chiesta e quando un libro mi suscita, oltre che emozioni, spunti e interrogativi, per me ha fatto centro. Da parte mia, lo confesso, avrei scelto Adam.

Né fiori né stelle né cuori. Solo il mio invito a leggerlo.

#martedi

Il dio della guerra.
Molto occupato in questi tempi.
Mai che sia precario

#Narrativacruda

Chi mi ha letto lo sa che amo mischiare alle mie storie argomenti attuali perchè sono convinta che ogni lettura debba lasciare un messaggio. Un messaggio può essere soft o heavy.
Chi mi legge sa anche che sono come le elefantesse, partorisco una volta all'anno. Questa volta la storia preme per uscire perchè tengo moltissimo all'argomento che tratterò e che mi sembra un po' lasciato da parte, ultimamente, eppure fa da sottofondo a molte tragedie.
Sarà una storia molto dura, difficile, un pugno nello stomaco perchè non potrò non usare termini e situazioni crude: appartengono alla realtà e non "renderebbero" se fossero addolcite. Piano piano l'intera trama ha preso corpo. Non so come verrà accolto perchè non vedo un target, a meno che non ci siano persone che abbiano voglia di entrare in certi mondi e conoscerne i meccanismi.
Ok, l'ho scritto perchè sono contenta di essermi schiarita le idee, mano a mano, aggiornerò, per quei pochi che sono così gentili da leggermi.

Intanto, in previsione dell'uscita in anglo-americano de "La rosa dei venti", oggi ve la beccate gratis.
Ricordo anche che Creed#1 è ancora in offerta a 0,99 e vi consiglio di acchiapparlo anche perchè il seguito (volume finale) è già on-line.
Mi piacerebbe che non li accantonaste, ma li leggeste subito.
Le giornate si stanno allungando e, se li leggete all'aperto, vi abbronzerete senza accorgervene...


FREE IN PROMO A 0,99 L'ultimo volume. Come tutti i miei deliri, sono anche in abbonamento. Bye bye

#Venezia#graziepoliziadistatoecarabinieri#sempreinguardia



Il piano B




Dopo un volo di sole quattro ore, eccomi di nuovo in Italia, a Milano.
Entro al Gallo d’oro, un alberghetto di poche pretese in mezzo alla Brianza. Il portiere alza la testa, un cenno di saluto e un numero “28”. Neanche mi chiede i documenti.
La camera con mobilia spaiata ha il pregio di essere molto ampia. Giorgio mi apre prima che bussi. Butto là un buongiorno e mi siedo di peso al tavolo rotondo dove un mazzo di fiori di plastica mi dà un malinconico benvenuto. Suppongo che avrà visto chissà quanti spuntini di coppie clandestine. Lo sposto con un moto di fastidio. Il ripiano è sommerso da planimetrie, cd, blocchi di appunti. Giorgio si accomoda e riprende un lavoro interrotto. Sta esaminando il contenuto di alcuni dischetti.
“Quindi?”
“Quindi, cosa?”, chiede Dania comodamente allungata sul matrimoniale, scarpe comprese.
“Mi pare chiaro che voi due abbiate già discusso della questione prima del mio arrivo in questa specie di bordello casalingo.”
“È un albergo a ore e ti assicuro che sono molto discreti”, interviene Giorgio. Non ne dubito, lui è un esperto di certi ambientini che gli permettono di cornificare sua moglie. Da quel punto di vista mi ha fatto sempre una grande rabbia ma, visto che non è il mio uomo, mi astengo da ogni commento.
“Che roba, ragazzi! Loro hanno pensato che noi facciamo a trois”
Anche Dania ci mette del suo.
“Allora?”, li incalzo.
“Niente, l’ho riconosciuta subito”, mi risponde lui con aria sorniona, “ha lo stesso sguardo di Selma.”
Questi due mi stanno prendendo in giro.
“Ma che cazzo state blaterando, ho preso un volo, non ho mangiato né dormito da due giorni tra una cosa e l’altra! Si può sapere che vi prende?”
“Ti ho fatto portare cose da mangiare”, mi fa notare Dania.
Solo ora vedo una sorta di cestino alla Biancaneve-che-va-dalla-nonna.
“Non ho fame. Voi due mi sembrate fuori di testa!”
Sono irritabile e irritato.
Molto.
“Tranquillo Keeney, quello un po’ suscettibile sembri tu. Noi siamo sull’euforico, l’operazione è fattibile anche se presenta delle incognite”, m’informa Giorgio.
“Sto aspettando di essere messo al corrente”, ribatto sempre più contrariato.
“Facciamo così, tu fai la relazione e io e Dania ti interrompiamo sui punti critici e su quelli oscuri, così abbiamo nello stesso tempo un quadro sintetico e uno più dettagliato”, propone e finalmente entra nei panni del detective professionista e abile.
“Bene, ma niente spiritosaggini, non sono dell’umore”, uso quel tono di comando da sala e ottengo l’effetto voluto. Mi accingo a fare la mia esposizione come scrivessi un atto operatorio, quello lo so fare bene.
“Alla luce del nostro ultimo incontro a tre in teleconferenza e tenuto conto degli aggiornamenti sulle sue mosse da parte di Dania, riassumo.”
“Tu parli come libro stampato”, m’interrompe lei. Entrambi la guardiamo perplessi.
“No, voglio dire che è ok. Solo non usare parole troppo difficili, per favore!”
“Se non capisci puoi sempre chiedere”, le rispondo contrariato. Sì, ce l’ho con lei per quelle foto, perché è diventata amica di Nike e di certo ha raccolto qualche confidenza. Mi riprendo: mai mischiare lavoro e faccende di cuore.
“Il nostro obiettivo è inattaccabile riguardo ai suoi traffici di organi. Per ora. Bisogna prima incastrarla con qualche grave indizio o reato a livello internazionale. Abbiamo convenuto di farla passare come potenziale affiancatrice di gruppi terroristici. Come? Facendo sì che venga trovata in possesso di materiale di propaganda più un falso piano per un atto terroristico. Al come aggiungo il cosa. Dania?”
“Sì, mi sono fatta arrivare del materiale dai miei amici. Materiale vecchio scritto in arabo, riguarda piani per terrorismo in metropolitana, io ci ho messo mani e li ho un poco truccati, messo altri nomi e cambiato date”, spiega tranquilla.
“Li ho visionati e, a un’occhiata superficiale, sembrano autentici, Fermerei subito qualsiasi persona in possesso di quella roba. Solo ad un esame più attento ci si accorge che sono dei falsi. Ovviamente, se tutto va in porto, provvedo ad avvisare i colleghi del falso allarme”, interviene Giorgio.
“Ma allora verrebbe rilasciata in poche ore!”, protesto.
“Diciamo che sarò un po’ lento nell’avvisarli. D’altronde loro, da soli, ci metterebbero giorni”, esclama compiaciuto.
“Mi pare pochino”, obietto.
“Keeney, tieni conto anche delle registrazioni. Io ho messe in un cd, fatto un collage, dentro si sente gente che parla arabo e inglese con me. E c’è spesso la parolina magica. Pots, pentole inglese, ma sono vasi per il codice. Pentole è meglio perché fa pensare a bombe. Però per quella roba secondo me pentole andava meglio”, commenta Dania.
“Intendi le ragazze candidate all’espianto? Certo che ne hai di humor nero!”
“Scusa perché la macellaia ti sembra madre Teresa? Comunque quello verrà dopo con un po’ di fortuna”, puntualizza Giorgio.
“Va bene, vado avanti. Allora. Punto secondo: il Paese ideale è il Regno Unito. Lì abbiamo un testimone, lord Bloome, che non ha più avuto notizie della nipote e si è recato in Italia presso l’agenzia della Martini, fingendosi cliente per un po’ di tempo, finché non si è accorto che stava destando troppi sospetti. Però ha visto bene la titolare e saprebbe riconoscerla, dico bene?”
“Esatto, di quello ti occupi tu Lukas, visto che sei già entrato in contatto con lui. Lo allerti perché ci tornerà molto utile nella seconda fase, quella dell’accusa vera, non costruita, di traffico di organi internazionale da viventi mediante costrizione e tutto il resto”, precisa ancora Giorgio.
Interviene Dania: “E per quella roba oltre al lord e alle registrazioni telefonate, ho fatto copia di quelle liste criptate di clienti e ragazze, come mi avevi detto Keeney. Sono riuscita ad hackerare sistema, mia specialità, ma io ho tentato molto. Difficile. Non dico per vantarmi.”
“Sei stata bravissima Dania, meglio di tua madre”, la gratifica Giorgio con la sua sensibilità da elefante.
“Senti, ma lord Bloome come farà a…”
“Stampa, vecchio mio. Il buon vecchio metodo. Foto e articoli in prima pagina. Scotland Yard non resisterà alla tentazione di fare sapere al mondo che ha catturato una pericolosa terrorista. Conta poi che siamo sotto elezioni. A volte la politica ci torna utile, il governo uscente ci tiene a dare un’immagine efficiente di sé.”
“Recepito. Adesso si tratta di capire come farla passare per Londra visto che tu, Dania, mi avevi raccontato che le hai proposto le repubbliche baltiche. Ci sono dei voli verso Tallin dall’Italia, senza passare per Londra e scusa, ma come mai quella scelta?”
“Lei si vuole allargare, ha bisogno di nuove ragazze, là è ideale, gliel’ho fatto il discorso a lei, mica voglia di spiegare di nuovo. Basta che l’ho convinta! Solo che non ci arriverà mai, ma questo ancora non lo sa”, risponde sicura.
Troppo sicura.
“Ci sono un sacco di incognite. Come avviene il passaggio del materiale? E lo scambio al momento giusto?”, sono perplesso.
“Keeney, sono riuscita a scollarla da Milano, già fatto biglietti, non ti fidi di mia abilità? Il materiale lo porto addosso io fino a Londra dove faccio scambio e lo scarico in sua borsa.”
“E se invece dovessero fermarvi prima e trovare tutto addosso a te?”
“Perché scusa? Noi due signore eleganti. Metti in cestino cellulari e quella roba lì e in mia borsa una grande cartina di Tallin e libro. Dentro ci sono piantine e due nastri copiati dai cd. So fare il mio lavoro. Già procurata piccola borsa a mano uguale alla sua, quello è stato facile. Ti ho detto che siamo diventate amiche e amiche vanno a fare spese insieme, no?”, sbuffa lei.
“Lukas, fidati. L’ho già vista in azione simulata, è uno dei test più semplici che gli fanno, è un classico. A Londra la nostra amica verrà fermata quando esibisce il passaporto. Quello è un compito mio. Da lì guarderanno accuratamente in borsa e troveranno il materiale”, sorride compiaciuto.
“Come puoi essere sicuro che la fermino?”
“Il capo ispettore della vigilanza è…”
“… una donna. E ti sei fatto anche quella! Giorgio tu sei malato”, esclamo infastidito.
“Non ancora. La tengo un po’ sulla corda.”
“Non voglio sapere altro, speriamo che questa sia pazza di te. Ad ogni modo un ulteriore controllo non è altro che eccesso di zelo, quindi va bene. Adesso il punto più critico, per come la vedo io, è che Dania riesca ad allontanarsi subito dopo.”

@Dayafter2012- Giù le mani da Venezia.

Laureen scende le gradinate di Santa Lucia, vorrebbe Miguel al suo fianco e così ha detto ad Andreas che sarebbe andata da sola, visto che si fermava da un'amica. Le pare che se non avesse fatto quei percorsi con lui, non avrebbe dovuto neanche condividere con nessun'altro uomo. questa città magica.

Sei ancora innamorata di lui!
Lo so.
Santa Lucia è una stazione capolinea, tanto che da piccola si è lasciata convincere da papà che mentre loro se ne andavano a zonzo, i ferrovieri smontassero la testa del treno e la rimontassero in coda, così che al loro ritorno il treno sarebbe stato pronto a ripartire verso l'entroterra. Uscendo all'aperto, dall'altra parte del canale, c'è la chiesa di San Simeon piccolo, un gioiello clericale come se ne vedono molti qui, ma in realtà per chi esce dalla stazione è semplicemente la prima fotografia, anche se l'unica cosa davvero interessante è la specularità della scalinata della chiesa con quella della stazione. Su entrambe la gente si ferma a riposare: sulla prima chi sta visitando la città o è in pausa da lavoro/studio, sulla seconda chi sta per partire.
Scende e svolta automaticamente a sinistra, la via del turista e anche quella degli studenti di economia, le viene un po' di batticuore: presto sarà una di loro. Subito alla sua destra ecco il ponte degli Scalzi, uno dei quattro ponti sul Canal Grande, il primo gigante che accoglie ogni forestiero e che lo invita a salire.
Di sicuro Miguel la prenderebbe per mano e la inviterebbe ad attraversarlo.
Lei invece imbocca rio Terà Lista di Spagna, il primo tratto della cosiddetta Strada Nova, dove s'incomincia a entrare nell'atmosfera veneziana al di là dei canali e del rombo dei vaporetti che intasano la stazione. Qualcuno degli studenti di economia gira subito a destra su calle Priuli ai Cavalletti, immergendosi in una Venezia di nicchia, più deserta, un itinerario tortuoso di calli che li porteranno in facoltà.
Lei preferisce svoltare e godersi la vivacità delle vie principali e proseguire quindi dritta. Inizia la sequenza dei bar, costosissimi se non hai un pronunciato accento veneziano e se non prendi il caffè al bancone può arrivare a costarti cinque euro. Il servizio, si giustificano.
Miguel si sarebbe divertito tantissimo a sentirla imitare perfettamente quell'accento e probabilmente le avrebbe chiesto di tradurre.
Dopo i fast food e le pizzerie al taglio, gradualmente spuntano le prime botteghe di souvenir ed oggettistica varia e tipica, quelle da cui qualche turista quando arriva non compra perché sono solo le prime che incontra, e da cui qualcun'altro comprerà sicuramente a fine soggiorno perché si è dimenticato di prendere qualcosa anche alla zia della cugina della madre. Miguel, hai fame? Se vuoi ci fermiamo qui, sembrano gastronomie, ma in realtà… sono più pasticcerie/panetterie, con in vetrina ogni sorta di dolciume e panificazione, ma tipicamente veneziana.
Venezia ha i suoi cavalli di battaglia evergreen e non cede alle lusinghe delle mode culinarie come il cake design: in vetrina a Venezia rimangono le spumiglie, le favette, i baicoli, le pinze.
Qualcuna di queste botteghe ha iniziato a mettere fuori anche spezie e condimenti disidratati tipici italiani. In fondo c'è gente che dell'Italia intera assaggerà solo questa città da fiaba.
Prosegue, su quei nemmeno cento metri di strada e spuntano gli ingressi dei primi hotel più o meno di lusso. Alza sempre lo sguardo, ogni volta che passa di qui, per vedere che meraviglia di struttura architettonica possa permettersi un hotel così, ma dopo si accorge sempre che i palazzi che accolgono gli hotel non interrompono nulla di poi così popolare, perché anche gli edifici adibiti ad abitazione o a qualsiasi altra attività, sono dei signori palazzi. Ma lei non ha mai visto il palazzo di famiglia, forse papà l'ha fatto apposta, per proteggerla, chissà… Tanto non appartiene più a loro.
Arriva in campo San Geremia, che si apre sulla destra, svolta sulla sinistra dove ha scoperto un negozio di underwear, la sua passione, semplice e non molto costoso, con qualche occasione davvero carina tanto che ci si ferma ed entra senza quasi pensarci. Dovrà abituarsi al fatto che ora non è più costretta a contare i cents.
Scova un completino intimo bianco, impreziosito da intarsi e se ne innamora: non sa quando lo indosserà, ma si chiede se a Miguel piacerebbe. Poi ne sceglie un altro, un pochino più estroso per Simona e poi si chiede che razza di biancheria porti Clelia. Esce più leggera di cento euro e zero sensi di colpa.
Nel campo c'è l'immancabile pozzo in disuso.
Cos'è quello? Sai Miguel… Venezia per secoli ha raccolto l'acqua piovana sotto alle proprie piazzette e la recuperava tramite i tipici pozzi, ora chiusi con un cappello di bronzo. Quanto le piacerebbe spiegargli queste cose, la ascolterebbe con attenzione, mentre passeggiano mano nella mano...
Poi magari deciderebbero per un ristorantino al bordo del campo, i tavolini sono fuori e il cameriere t'invita ad entrare. Lei si limita a un sorriso, a cui l'altro risponde: forse la conosce, ormai.
Supera il campiello di san Geremia tenendosi sulla sinistra, e prosegue lungo Strada Nova: in questi quattro passi il contrasto tra bar colmi di panini, cibo per lo stomaco e vetrine con sfondo bianco per i vetrini di Murano, cibo per chi ama l'arte. Che siano veri o falsi lo si capisce solo dal prezzo.
Davanti a lei il ponte delle Guglie, uno dei pochi ponti che con metà della scalinata facilita per il passaggio di mezzi a rotella, come carrozzine e porta carichi. Perché Venezia è una città magica, unica e un tantino bizzarra, perché qui le merci girano o in barca, o tramite portantini che trainano delle carriole giganti colme di tutto.
Laureen non prende il ponte, la facoltà di Economia è in fondo alle fondamenta di san Giobbe. Entra nel bar all'angolo sulla sinistra: la simpatica barista cinese fa un ottimo caffè all'umano prezzo di un euro e dieci, è sempre andata lì, è la sua piccola tappa prima di uscire dall'apnea turistica di Strada Nova e prendere anche lei un percorso diverso. Gira per le fondamenta di san Giobbe, alla sua sinistra case belle, ma meno sfarzose, alla sua destra il canale di Canareggio.
Prosegue dritta, incontra solo tre ristoranti, forse sono più osterie, tanto che gli studenti di Economia a volte si concedono una pausa pranzo un po' più consistente del panino portato da casa. Incontra solo un ultimo ponte, il Tre Archi, l'ultimo a tre arcate rimasto a Venezia, sulla destra, nulla più.
All'improvviso la leggera inclinazione della strada la fa svoltare e si trova davanti la Laguna. La facoltà di Economia polo di san Giobbe infatti delimita la fondamenta, la sua fiancata è a strapiombo sull'interno della laguna: era un antico macello, la cui ristrutturazione per il recupero degli spazi è iniziata già a fine Ottocento
L'insegna "Ca' Foscari, Facoltà di Economia" la accoglie appena fuori dall'ingresso, sotto un grande arco. È un complesso organizzato di aule a sé stanti, ma comunicanti tra loro. L'interno abbastanza moderno, l'esterno in mattoni.
In fondo in fondo, alla fine del viale tra le aule, sulla destra, c'è un piccolo luogo nascosto che lei ha scoperto: un fazzoletto di spazio con un paio di panchine e due gradoni, affacciato sulla laguna dove gli studenti vanno a fare un po' di pausa. Oggi ci sono due ragazzi che strimpellano le loro chitarre.
Un panorama mozzafiato: sporgendosi di poco vede a sinistra il ponte della Libertà, che collega Venezia alla Terra Ferma sul quale scorre anche la ferrovia, si ritrova a guardare l'ultimo tratto di strada che ha percorso prima di approdare a Venezia, e un po'stride con tutto il resto del bellissimo panorama.
Alle sue spalle i ragazzi si son messi a cantare.
La conosce, la canzone dei Pink Floyd, gliel'ha fatta sentire papà. E a loro chi l'avrà insegnata?
"I wish, I wish you were here"
Sono passati quattro mesi, lei ce l'ha messa tutta.
Eppure… "Quanto vorrei che tu fossi qui", pensa.

LA ROSA DEI VENTI