Laureen scende le gradinate di Santa Lucia, vorrebbe
Miguel al suo fianco e così ha detto ad Andreas che sarebbe andata da sola,
visto che si fermava da un'amica. Le pare che se non avesse fatto quei percorsi
con lui, non avrebbe dovuto neanche
condividere con nessun'altro uomo. questa città magica.
Sei ancora
innamorata di lui!
Lo so.
Santa Lucia è una stazione capolinea, tanto che da
piccola si è lasciata convincere da papà che mentre loro se ne andavano a
zonzo, i ferrovieri smontassero la testa del treno e la rimontassero in coda,
così che al loro ritorno il treno sarebbe stato pronto a ripartire verso
l'entroterra. Uscendo all'aperto, dall'altra parte del canale, c'è la chiesa di
San Simeon piccolo, un gioiello clericale come se ne vedono molti qui, ma in
realtà per chi esce dalla stazione è semplicemente la prima fotografia, anche
se l'unica cosa davvero interessante è la specularità della scalinata della
chiesa con quella della stazione. Su entrambe la gente si ferma a riposare:
sulla prima chi sta visitando la città o è in pausa da lavoro/studio, sulla
seconda chi sta per partire.
Scende e svolta automaticamente a sinistra, la via del
turista e anche quella degli studenti di economia, le viene un po' di
batticuore: presto sarà una di loro. Subito alla sua destra ecco il ponte degli
Scalzi, uno dei quattro ponti sul Canal Grande, il primo gigante che accoglie
ogni forestiero e che lo invita a salire.
Di sicuro
Miguel la prenderebbe per mano e la inviterebbe ad attraversarlo.
Lei invece imbocca rio Terà Lista di Spagna, il primo
tratto della cosiddetta Strada Nova, dove s'incomincia a entrare nell'atmosfera
veneziana al di là dei canali e del rombo dei vaporetti che intasano la
stazione. Qualcuno degli studenti di economia gira subito a destra su calle
Priuli ai Cavalletti, immergendosi in una Venezia di nicchia, più deserta, un
itinerario tortuoso di calli che li porteranno in facoltà.
Lei preferisce svoltare e godersi la vivacità delle
vie principali e proseguire quindi dritta. Inizia la sequenza dei bar,
costosissimi se non hai un pronunciato accento veneziano e se non prendi il
caffè al bancone può arrivare a costarti cinque euro. Il servizio, si
giustificano.
Miguel si
sarebbe divertito tantissimo a sentirla imitare perfettamente quell'accento e
probabilmente le avrebbe chiesto di tradurre.
Dopo i fast food e le pizzerie al taglio, gradualmente
spuntano le prime botteghe di souvenir ed oggettistica varia e tipica, quelle
da cui qualche turista quando arriva non compra perché sono solo le prime che
incontra, e da cui qualcun'altro comprerà sicuramente a fine soggiorno perché
si è dimenticato di prendere qualcosa anche alla zia della cugina della madre. Miguel, hai fame? Se vuoi ci fermiamo qui,
sembrano gastronomie, ma in realtà… sono più pasticcerie/panetterie, con in
vetrina ogni sorta di dolciume e panificazione, ma tipicamente veneziana.
Venezia ha i suoi cavalli di battaglia evergreen e non
cede alle lusinghe delle mode culinarie come il cake design: in vetrina a
Venezia rimangono le spumiglie, le favette, i baicoli, le pinze.
Qualcuna di queste botteghe ha iniziato a mettere
fuori anche spezie e condimenti disidratati tipici italiani. In fondo c'è gente
che dell'Italia intera assaggerà solo questa città da fiaba.
Prosegue, su quei nemmeno cento metri di strada e
spuntano gli ingressi dei primi hotel più o meno di lusso. Alza sempre lo
sguardo, ogni volta che passa di qui, per vedere che meraviglia di struttura
architettonica possa permettersi un hotel così, ma dopo si accorge sempre che i
palazzi che accolgono gli hotel non interrompono nulla di poi così popolare,
perché anche gli edifici adibiti ad abitazione o a qualsiasi altra attività,
sono dei signori palazzi. Ma lei non ha mai visto il palazzo di famiglia, forse
papà l'ha fatto apposta, per proteggerla, chissà… Tanto non appartiene più a
loro.
Arriva in campo San Geremia, che si apre sulla destra,
svolta sulla sinistra dove ha scoperto un negozio di underwear, la sua
passione, semplice e non molto costoso, con qualche occasione davvero carina
tanto che ci si ferma ed entra senza quasi pensarci. Dovrà abituarsi al fatto
che ora non è più costretta a contare i cents.
Scova un completino intimo bianco, impreziosito da intarsi
e se ne innamora: non sa quando lo indosserà, ma si chiede se a Miguel
piacerebbe. Poi ne sceglie un altro, un pochino più estroso per Simona e poi si
chiede che razza di biancheria porti Clelia. Esce più leggera di cento euro e
zero sensi di colpa.
Nel campo c'è l'immancabile pozzo in disuso.
Cos'è quello?
Sai Miguel…
Venezia per secoli ha raccolto l'acqua piovana sotto alle proprie piazzette e
la recuperava tramite i tipici pozzi, ora chiusi con un cappello di bronzo.
Quanto le piacerebbe spiegargli queste cose, la ascolterebbe con attenzione,
mentre passeggiano mano nella mano...
Poi magari deciderebbero per un ristorantino al bordo
del campo, i tavolini sono fuori e il cameriere t'invita ad entrare. Lei si
limita a un sorriso, a cui l'altro risponde: forse la conosce, ormai.
Supera il campiello di san Geremia tenendosi sulla
sinistra, e prosegue lungo Strada Nova: in questi quattro passi il contrasto
tra bar colmi di panini, cibo per lo stomaco e vetrine con sfondo bianco per i
vetrini di Murano, cibo per chi ama l'arte. Che siano veri o falsi lo si
capisce solo dal prezzo.
Davanti a lei il ponte delle Guglie, uno dei pochi
ponti che con metà della scalinata facilita per il passaggio di mezzi a
rotella, come carrozzine e porta carichi. Perché Venezia è una città magica,
unica e un tantino bizzarra, perché qui le merci girano o in barca, o tramite
portantini che trainano delle carriole giganti colme di tutto.
Laureen non prende il ponte, la facoltà di Economia è
in fondo alle fondamenta di san Giobbe. Entra nel bar all'angolo sulla
sinistra: la simpatica barista cinese fa un ottimo caffè all'umano prezzo di un
euro e dieci, è sempre andata lì, è la sua piccola tappa prima di uscire
dall'apnea turistica di Strada Nova e prendere anche lei un percorso diverso.
Gira per le fondamenta di san Giobbe, alla sua sinistra case belle, ma meno
sfarzose, alla sua destra il canale di Canareggio.
Prosegue dritta, incontra solo tre ristoranti, forse
sono più osterie, tanto che gli studenti di Economia a volte si concedono una
pausa pranzo un po' più consistente del panino portato da casa. Incontra solo
un ultimo ponte, il Tre Archi, l'ultimo a tre arcate rimasto a Venezia, sulla
destra, nulla più.
All'improvviso la leggera inclinazione della strada la
fa svoltare e si trova davanti la
Laguna. La facoltà di Economia polo di san Giobbe infatti
delimita la fondamenta, la sua fiancata è a strapiombo sull'interno della
laguna: era un antico macello, la cui ristrutturazione per il recupero degli
spazi è iniziata già a fine Ottocento
L'insegna "Ca' Foscari, Facoltà di Economia"
la accoglie appena fuori dall'ingresso, sotto un grande arco. È un complesso
organizzato di aule a sé stanti, ma comunicanti tra loro. L'interno abbastanza
moderno, l'esterno in mattoni.
In fondo in fondo, alla fine del viale tra le aule,
sulla destra, c'è un piccolo luogo nascosto che lei ha scoperto: un fazzoletto
di spazio con un paio di panchine e due gradoni, affacciato sulla laguna dove
gli studenti vanno a fare un po' di pausa. Oggi ci sono due ragazzi che
strimpellano le loro chitarre.
Un panorama mozzafiato: sporgendosi di poco vede a
sinistra il ponte della Libertà, che collega Venezia alla Terra Ferma sul quale
scorre anche la ferrovia, si ritrova a guardare l'ultimo tratto di strada che
ha percorso prima di approdare a Venezia, e un po'stride con tutto il resto del
bellissimo panorama.
Alle sue spalle i ragazzi si son messi a cantare.
La conosce, la canzone dei Pink Floyd, gliel'ha fatta
sentire papà. E a loro chi l'avrà insegnata?
"I wish,
I wish you were here"
Sono passati quattro mesi, lei ce l'ha messa tutta.
Nessun commento:
Posta un commento